Dott. Mirco Zannier

Incarico di funzione organizzativa, area dell’emergenza e anestesia di San Daniele, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Il concetto di Missed Nursing Care (MNC), ovvero le cure infermieristiche mancate, è un tema che negli ultimi anni ha suscitato un crescente interesse per il forte impatto sugli esiti dei pazienti, sul benessere degli infermieri e sull’efficienza delle strutture sanitarie.

Ma cosa si intende per Missed Nursing Care? Con questo termine ci si riferisce a tutte le attività infermieristiche non completate o ritardate a causa di vari fattori, come ad esempio la carenza di personale, la mancanza di tempo o la non disponibilità di risorse materiali.

Già nel 2001, Aiken Linda, infermiera, ricercatrice e docente all’Università della Pennsylvania, evidenziava come la carenza di personale infermieristico fosse strettamente associata a esiti negativi per i pazienti, a maggiori complicazioni e mortalità aumentata. Negli anni successivi, il concetto è stato ulteriormente esplorato da diversi ricercatori che hanno introdotto diverse terminologie come Tasks Undone e Nursing Care Needs Undone per indicare le attività infermieristiche che vengono omesse a causa di risorse limitate.

Kalisch Nel 2006 ha introdotto la definizione di Cure perse, identificando le cause principali di questo fenomeno non solo nella scarsità di personale ma anche nella cultura del gruppo. Altri modelli, come quello di Schubert hanno invece introdotto il concetto di razionamento implicito dell’assistenza infermieristica. Nel 2019, Jones e colleghi hanno proposto il termine Unfinished Nursing Care, dove la scarsità di tempo accelera il processo di razionamento implicito con conseguente assistenza incompiuta alla quale seguono esiti negativi sugli infermieri, sul paziente e sull’organizzazione.

Sono molteplici i fattori che concorrono alle cure infermieristiche mancate, tra questi, alcuni sono riferibili all’unità operativa come, ad esempio, una domanda eccessiva di assistenza da parte dei pazienti, l’allocazione inefficiente delle risorse, un ambiente di lavoro non ottimale o un clima lavorativo poco favorevole. In altri casi, giocano un ruolo cruciale anche la scarsa di comunicazione tra il personale sanitario, l’esperienza e la formazione degli infermieri e, ovviamente, la condizione di instabilità clinica dei pazienti.

Le cure infermieristiche mancate hanno molteplici conseguenze negative sia per i pazienti che per gli infermieri. Nel primo caso determinando un aumento dell’incidenza degli errori, delle infezioni nosocomiali, delle ulcere da pressione e degli altri eventi avversi fino ad una maggiore mortalità post-operatoria. Allo stesso tempo, sul personale infermieristico le MNC contribuiscono a un aumento dell’insoddisfazione professionale, ad un elevato turnover e ad una maggiore intenzione di lasciare il posto di lavoro o la professione.

Nel 2024 ho condotto uno studio presso l’università degli studi di Trieste che ha avuto lo scopo di:

a) validare in italiano la scala NEWRI (Neonatal Extent of Work Rationing Instrument (Roquefort and Clarke, 2010), attraverso l’adattamento transculturale e seguendo le sei fasi di Beaton (Beaton et al. 2000) ovvero: traduzione, sintesi, traduzione inversa, revisione, test pilota, presentazione ed approvazione;

b) descrivere le MNC nelle Terapie Intensive Neonatali con uno studio cross-sectional (Bassi el al., 2020).

Allo studio hanno partecipato 160 infermieri di Terapia Intensiva Neonatale con almeno un anno di lavoro e provenienti da 8 centri italiani: IRCSS Ca’ Granda Milano; Azienda Ospedale-Università Padova; Azienda Servizi Sanitari Trento; Azienda Sanitaria Alto Adige Bolzano; Ospedale Santa Maria Ca’ Foncello Treviso; IRCSS Burlo Garofolo Trieste; ASUFC Udine; AULSS 8 Vicenza.

I partecipanti avevano un’età media di 35.7 anni ed erano in possesso della laurea triennale (78%) e magistrale (6.3%). Il 21% aveva un master di 1° o 2° livello. L’esperienza lavorativa era di 12.6 anni di cui almeno 9.3 in TIN; l’85% aveva dedicato maggior parte della propria professione in TIN. Quasi tutti (91%) erano full time, turnisti (95%). L’88% non aveva intenzione di lasciare il reparto, il 43% riferiva una dotazione organica infermieristica adeguata, molta soddisfazione dell’essere infermieri e del ruolo, ma poca soddisfazione del lavoro di gruppo nell’unità operativa.

Dallo studio gli operatori riferiscono di perdere cure o ritardarle nel 77% dei casi. Questo dato è sovrapponibile a quello che emerge da altri studi presenti in letteratura. In particolare, è emerso che le principali cure perse riguardavano: l’insegnamento ai genitori rispetto a trattamenti farmacologici necessari al neonato dopo la dimissione; l’insegnamento agli stessi delle cure neonatali; il monitoraggio dei risultati delle indagini cliniche effettuate; il sostegno e il supporto ai genitori.

Tra le possibili cause di MNC vi erano: le comunicazioni interrotte, l’aumento del numero degli assistiti, l’assegnazione non bilanciata dei neonati tra gli operatori, il numero insufficiente degli operatori; le interruzioni durate l’assistenza.

Gli infermieri che riferivano di perdere più cure erano quelli che ritenevano le risorse infermieristiche disponibili inadeguate e quelli maggiormente insoddisfatti.

In generale, la Neonatal Extent of Work Rationing Instrument (NEWRI) ha dimostrato di essere uno strumento che offre una buona affidabilità (α di Cronbach=0.971). Attualmente lo studio, che è in fase di elaborazione finale per la pubblicazione, è stato ampliato arrivando a arruolare 200 partecipanti.